Come cambia nel tempo l’assegno di mantenimento, i nuovi orientamenti della giurisprudenza al riguardo del sussidio
Le norme dettate dal legislatore cambiano in virtù delle modifiche della mentalità e dei comportamenti sociali, almeno in alcuni contesti. La legge sul divorzio e i suoi contenuti hanno subito delle interpretazioni diverse nel corso del tempo adattandosi anche ai cambiamenti sociali intervenuti.
Non si esclude da questo discorso l’istituto dell’assegno di mantenimento, necessario nelle occasioni in cui vi è un’inadeguatezza dei mezzi economici e l’incapacità di procurarseli per motivi concreti. Non casualmente la somma erogata per il mantenimeto si calcola su un’attenta analisi parallela delle situazioni economiche delle parti. In una recente sentenza la Corte di Cassazione si è espressa proprio sulla questione dell’assegno di divorzio con un’importante valutazione.
Le novità della Corte sull’assegno di mantenimento
Con la recente senteza la Corte di Cassazione ha stabiliito che il mantenimento ha una funzione compensativa e assistenziale. L’assegno si computa sulla base dell’apporto alla vita nel nucleo familiare e alla composizione del patrimonio comune di ognuno degli ex coniugi. Lo scopo è arrivare concretamente a una soglia di reddito congrua all’aiuto fornito nella realizzazione della vita familiare.
Si deve tenere conto necessariamente delle aspettative professionali sacrificate per la famiglia. Ma all’ex coniuge che si rifiuta di lavorare, secondo quanto indica la Cassazione, l’assegno di mantenimento non è dovuto. Nello specifico questa decisione coinvolge una coppia nella quale l’ex marito doveva versare un mantenimento alla ex moglie a al figlio. La Corte d’Appello aveva modificato la situazione.
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Il figlio aveva trovato un’occupazione regolare, per cui la sospensione del sussidio. Mentre per la donna era emersa la disponibilità di redditi sufficienti per renderla indipendente. Il ricorso della donna quindi è stato respinto dalla Corta di Cassazione per i redditi posseduti e provati anche dalle spese voluttuarie e per la capacità lavorativa dimostrata ma non adeguatamente sviluppata per trovare un’occupazione. Per la Cassazione l’assegno va valutato e stimato sulla base dello squilibrio economico che il divorzio determina tra i due ex componenti della coppia.
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Si deve comprendere se la differenza di reddito dipenda dalle eventuali differenze prodotte dalla gestione della vita familiare, dalla determinazione dei ruoli all’interno della coppia, dal sacrificio delle prospettive professionali. Ma alla fine del matrimonio anche le capacità lavorative vanno valutate e sfruttate da parte dell’ex coniuge.