Ecco la possibilità per andare in pensione a 62 anni di età, quota 103 come funziona questa finestra pensionistica
Tra le varie opportunità e agevolazioni per accedere alla pensione e terminare la propria carriera lavorativa esiste da poco anche quota 103, che sostituisce la precedente finestra denominata quota 102. Si tratta del nuovo tentativo di rimandare la ripresa delle conseguenze della temuta riforma Fornero che agita i sonni dei legislatori.
La risistemazione definitiva dell’impianto pensionistico in Italia è ancora uno degli obiettivi prioritari delle maggioranze di governo, ma le difficoltà sono enormi e raggiungere un risultato tutt’altro che scontato. La strettoia dei conti pubblici rende gli spazi di manovra assai limitati per i politici e il ricorso alla riforma Fornero non è del tutto improbabile.
Pensione con quota 103, ecco come si può
Tra anticipi, scivoli e finestre ecco quota 103 che rappressenta l’accesso alla pensione con 62 anni di età anagrafica e 41 di contributi effettivi versati. Questi requisiti sono da raggiungere entro il 31 dicembre 2023, poi si vedrà allo stato attuale, ma la cifra del trattamento non può oltrepassare la soglia del totale pari a 5 volte la prestazione minima prevista dalla normativa in vigore, cioè 2818,65 euro lordi al mese.
Se il lavoratore ha raggiunto i requisiti entro il 31 dicembre dello scorso anno, può approfittare di questa formula a partire dal 1° aprile 2023 se è un dipendente privato, mentre deve attendere il 1° agosto 2023 se è un dipendente pubblico. Se raggiunge, invece, i requisiti dopo il 31 dicembre 2022 deve aspettare 3 mesi per la pensione se proveniente dal settore privato, altrimenti se viene dal pubblico l’attesa dura 6 mesi e comunque non prima dell’inizio di agosto 2023.
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Si calcola che nel corso del 2023 saranno più di 40mila i lavoratori che accederanno alla pensione sfruttando proprio quota 103. Ma va ricordato che il governo ha previsto degli incentivi per chi resta al lavoro pur avendo le carte in regola per la pensione. Infatti è stato riproposto il cosiddetto bonus Maroni, cioè un incentivo per quanti decidessero di rimanere in servizio.
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Il bonus consiste nell’esonero del versamento dei contributi dovuti dal lavoratore pari al 9,19 per cento dello stipendio imponibile. Quindi quei contributi invece che all’Inps andrebbero direttamente in busta paga a quanti rinunceranno a quota 103 per continuare a lavorare.