Il tentativo di evitare il pagamento dopo l’accertamento consta di un ricorso che per il contribuente non è privo di costi. Ecco i particolari
Di fronte agli effetti ereditati da quasi un anno di crisi energetica ed economica, non pochi nuclei familiari a carico di lavoratori e pensionati stanno vivendo un periodo sin troppo lungo di difficoltà finanziarie. L’inflazione ha gradualmente accentuato questa tendenza erodendo i bilanci domestici ed alterando esponenzialmente il generalizzato costo della vita, a partire dai prezzi sui beni di consumo.
All’inizio del precedente anno, la componente inflazionistica ha costituito un’unità di misura della crescita legata alla ripresa del prodotto interno lordo nazionale dopo lo stop alla produzione imposto dalla emergenza sanitaria da Coronavirus. Dall’immediato 24 febbraio, con lo scoppio del conflitto in Ucraina, sull’inflazione si sono appoggiati i mercati internazionali per imbastire una speculazione pressoché fuori controllo (con le conseguenti ricadute sociali).
Diversi lavoratori hanno nel frattempo perso il lavoro e hanno cercato l’accesso alle misure assistenziali di sostegno con le relative indennità di disoccupazione; altri vivono sicuramente una condizione di insicurezza e di concrete difficoltà, assieme a percettori del trattamento pensionistico con famiglie a carico. Entrambi i soggetti sono entrati nel focus delle attuali politiche del governo Meloni prevedendo una legge di bilancio per due terzi a loro dedicata.
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Non a caso, la maggior parte dei fondi messi a disposizione dallo Stato sono investiti nei provvedimenti di contrasto al progressivo impoverimento delle famiglie, tra i quali: la proroga semestrale del distacco delle utenze, salvaguardando il passaggio della stagione invernale; l’innalzamento del tetto reddituale ISEE a vantaggio delle famiglie numerose. Tale operazione non è senza costi e il governo ha scelto, tra le varie forme, di finanziarsi tramite la periodica rottamazione delle cartelle esattoriali.
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Le cartelle esattoriali con debiti inferiori a mille euro saranno definitivamente stralciate (eccetto che per le multe stradali), dato che allo Stato costa di più riscuotere; per i debiti tra i mille e i tremila euro, vi sarà un sostanzioso dimezzamento delle sanzioni, degli interessi e dei tempi di riscossione. Chi vuole invece richiedere l’annullamento della cartella perché la ritiene illegittima, può utilizzare lo strumento del ricorso tributario, anche se non è privo di spese. Sono infatti compresi costi vivi del professionista, diritti di copia e spese postali, oltre al compenso per il professionista stesso. I costi del contributo unificato vanno dai 30 euro per le controversie fino a 2.582,28 euro, toccando i 1.500 euro per i debiti oltre i 200mila euro. Anche i diritti di copia oscillano da 1-1,50 euro per i documenti di poche pagine, fino ai 25 euro. Avendo una PEC si può procedere al più economico ricorso on line. Altrimenti l’appuntamento è presso l’ufficio più vicino dell’Agenzia delle Entrate.