Una volta terminate le erogazioni relative all’indennità di disoccupazione, l’ex lavoratore ha ancora un’alternativa, ma è la sola. Ecco quale
Questo nuovo anno si è aperto sotto l’insegna della pesante eredità lasciata dagli eventi di cronaca e dai riscontri reali appartenenti al 2022 alle spalle. La crisi dei consumi energetica, o meglio il dramma di assolvere al pagamento dei costi delle bollette domestiche, appare dai primi giorni dell’anno meno soffocante grazie ad un allentamento percentuale degli aumenti.
Grazie al ridimensionamento delle tariffe del mercato internazionale Ttf di Amsterdam, la piazza globale regolatrice dei prezzi del gas, specificatamente per l’Europa, si è registrato una sensibile diminuzione del valore finanziario di ogni megawattora e si attende ora il conseguente e vantaggioso riflesso sulle bollette già a partire dalla tornata di recapiti del mese di febbraio. Nel frattempo, c’è una netta parte del tessuto sociale largamente logorata dagli eventi dei mesi precedenti, che spesso si trova a fare la conta delle possibilità assistenziali che lo Stato offre.
Dopo la Naspi, ecco a quale aiuto può rivolgersi il disoccupato
Esauriti gli effetti economici relativi agli stanziamenti e alle successive erogazioni del 2022, alcune misure economiche sono state traghettate verso la prospettiva di altre dodici mensilità (quelle del 2023) per affiancarsi alle iniziative straordinarie previste dalla legge di bilancio per contrastare il progressivo impoverimento dovuto al generalizzato aumento del costo della vita.
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In particolare, a vivere condizioni particolarmente precarie sono i disoccupati. Al contempo, specie nell’ambito del lavoro dipendente, possono affacciarsi ad alcuni strumenti di sostegno per accompagnare il soggetto verso una nuova esperienza professionale. In tal senso, la misura “principe” è rappresentata dall’indennità di disoccupazione INPS, più comunemente denominata NASPI.
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Attivabile sin dall’ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro, la NASPI prevede l’erogazione mensile di una quota del vecchio stipendio, pari al 75 per cento della media degli ultimi quattro anni di busta paga per i primi sei mesi, e poi a ridursi del 3 per cento ogni mese fino all’esaurimento dei pagamenti la cui durata è stabilita variabilmente dal contratto di categoria a cui il dipendente appartiene. Una volta attraversato tutto l’arco delle mensilità distribuite dall’Ente previdenziale, per il disoccupato che non ha ancora trovato una nuova collocazione, sembra non esserci altra forma di sostegno. Ancora per un altro anno, cioè per tutto il 2023 fino allo stop definitivo del 2024, il soggetto può iscriversi alla lista dei richiedenti del Reddito di Cittadinanza, anche se la misura è approdata al nuovo anno radicalmente cambiata nei criteri di accesso: pur rispettando ancora l’ISEE familiare annuo fino al tetto di 9.360 euro, riceverà un rateo di sostegno per soli sette mesi, e sotto il rischio di vedersi interrompere in anticipo i pagamenti al rifiuto dell’unica offerta professionale proposta dal Centro per l’Impiego.