La corsa dell’inflazione non incontra stop ma mette in moto anche positive rivalutazioni a vantaggio dei lavoratori. Cosa sta succedendo
Prima dello scoppio del conflitto in Ucraina, tra i Paesi comunitari, l’Italia è stato quella che ha fatto registrare una inflazione esemplare, positiva per il proprio PIL, la cui formazione è avvenuta all’indomani della ripresa produttiva dopo lo stop imposto dalla emergenza sanitaria da Covid. Non è passato poi molto tempo, dopo il 24 febbraio 2022 – giorno dell’inizio delle ostilità – che il fattore inflazionistico assumesse i caratteri degenerativi che hanno effettivamente accompagnato la crisi energetica.
La crisi del gas è divenuta ben presto l’ennesima crisi economica che ha attraversato e sta attraversando l’Occidente europeo, scaricando la deriva della dipendenza energetica, nonché la speculazione dei mercati, sui bilanci delle famiglie a carico di lavoratori e pensionati in difficoltà. Il riflesso maggiore, come è noto, si è avuto negli ampi aumenti delle bollette delle utenze domestiche.
L’inflazione ha prodotto un riverbero anche sui progetti dei giovani cittadini, alle prese con un obiettivo quale è l’acquisto di una casa. Dopo la stasi dei tassi di interesse registratasi la scorsa primavera ed estate, già dall’autunno una nuova accelerazione ha giustificato l’iniziativa di un nuovo rialzo dei tassi da parte della Banca Centrale Europea, invertendo la curva delle richieste di mutui presso le banche e facendo salire la ricerca degli affitti.
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Sebbene i bonus under 36 sui mutui abbiano arginato in parte la crisi dei finanziamenti immobiliari, di fatto le rate di coloro con la restituzione di un debito in essere sono aumentate mensilmente fino a 250 euro. Come è noto, però, l’inflazione è portatrice anche di aumenti sulle entrate: ne sono la prova le recenti rivalutazioni ISTAT sugli importi pensionistici; ma tale elemento investe positivamente anche gli indici del trattamento di fine rapporto (TFR) dei lavoratori.
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L’accantonamento delle somme che verranno restituite alla cessazione del rapporto di lavoro devono tenere conto dell’inflazione: soltanto l’aumento del 10 per cento dei prezzi al consumo ha formulato una crescita pari a 118,21 euro nel solo mese di dicembre 2022, 11,3 per cento in più rispetto all’anno prima. Tale rivalutazione statistica influisce sulla percentuale del 75 per cento sull’indice dei prezzi al consumo; soltanto per l’1,5 per cento, secondo una misura fissa.