Potrebbe essere l’Ufficio delle Entrate che chiede informazione ma è solo un tentativo di furto da parte di terzi. In cosa consiste
Oggigiorno, nella vita quotidiana il conto corrente finisce per precedere l’identità di un individuo; anzi, per certi versi, ne rappresenta una parte pressappoco imprescindibile. Il riscontro è presto fatto: basti considerare i lunghi viaggi svolti dalle informazioni sensibili relative all’intestatario della giacenza nel contesto delle decine – forse di centinaia di transazioni che un titolare correntista può svolgere in un anno.
I cosiddetti pagamenti elettronici o pagamenti digitali trasbordano non soltanto l’importo da trasferire a titolo d’acquisto di un bene o di un servizio, ma anche tutto un pacchetto di dati – appunto, i noti “dati sensibili” – il quale accompagna la garanzia di sicurezza, nei confronti delle piattaforme fornitrici di merci o di servizi a pagamento, della reale identità dell’utente e soprattutto della certezza sulla disponibilità di credito.
I dati sensibili non sono essenziali soltanto nell’ambito degli scambi finanziari: le informazioni personali, infatti, possono consentire l’accesso diretto al credito di un deposito di risparmi, ma sono altrettanto costitutivi per la formazione di un’identità alternativa ad appannaggio di truffatori nel corso di diverse tipologie di frodi. In tal senso la tecnologia ha aumentato il livello degli standard di sicurezza rendendo tutto sommato blindate le transazioni, quanto la trasmissione di dati eventualmente richiesti dalla Pubblica Amministrazione.
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Al contempo, sul piano della tecnologia si sono appoggiate le sempre più raffinate tecniche di truffa (sebbene non difficili da scardinare con un po’ di attenzione). L’espressione di questo connubio tra “malaffare” e tecnologia è nota come “phishing”. Si tratta della tecnica di tentativo fraudolento per sottrarre le informazioni, protette dalla privacy, in modo ingannevole, celandosi dietro la maschera di finti operatori per società arciconosciute.
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Vengono inviate comunicazioni via sms o email su problemi di pagamento o di accredito inesistenti, o finte autorizzazioni, richiedendo la compilazione di un form tramite un link allegato (generalmente della pseudo piattaforma bancaria o postale). Ma anche l’Agenzia delle Entrate non è risparmiata da tali contaminazioni. L’ultima è data da email ingannevoli riguardanti l’oggetto-esca dell’ecobonus; un link rimanda ad un form da riempire dei dati sensibili e a volte si attiva un programma che può recare danno al pc (malware).