Ecco a quali margini legislativi si può appellare un titolare di un testamento per tenere fuori un proprio parente dalla suddivisione dei beni. I dettagli
Non si può far nulla di fronte all’inevitabilità della vita, specialmente se prima o poi giunge, inaspettato o meno un triste evento come la morte di un familiare. Il lutto diviene dunque un accadimento che non può che avere strascichi negli equilibri dell’immediato futuro tra gli altri componenti. Nello specifico si parla di effetti sì di carattere affettivo, ma anche di natura economica; in particolare se i familiari superstiti, coniuge e figli non sono autosufficienti sul piano del reddito.
Il defunto può rappresentare il soggetto che sotto il profilo economico aveva a carico gli altri membri della famiglia, ed ora quel sostentamento viene meno. Le sorti possono essere migliori che il de cuis sia titolare di beni che possono dunque divenire oggetto di suddivisione tra la moglie e i figli. In alternativa, può altresì vantare la titolarità di un trattamento pensionistico INPS; pertanto la legge garantisce ai familiari superstiti – a carico – di beneficiare della quota del medesimo trattamento, ovvero la pensione di reversibilità.
Come avviene l’esclusione di un parente dal testamento
Alla morte può emergere l’intestazione del deceduto al possesso dell’abitazione, od anche di altri immobili (con annesse rendite); nonché il proprio nome è apposto su conti correnti, depositi di titoli e buoni fruttiferi, su un libretto di risparmio e su polizze assicurative. Insomma, tutti beni mobiliari e immobiliari che costituiscono complessivamente l’eredità. Quella che, ancora in vita, il soggetto può indirizzare ai suoi cari tramite la stesura delle sue volontà scritte, ossia un testamento olografo depositato presso uno studio notarile.
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In generale, quella del testamento è una scelta minoritaria, dal momento che gli intestatari dei beni sono diffusamente soddisfatti dalla regolamentazione fissata dalla normativa. Ad ogni modo, in assenza del documento certificato dal notaio, la suddivisione dei beni spetta in prima istanza al coniuge e ai figli, con quote variabili se in presenza di un figlio unico oppure di due o più figli. Ma la trasmissione dei beni, in presenza o in assenza di linee parentali, può estendersi fino al sesto grado.
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In ultima istanza, lo Stato può prendere possesso dei beni non assegnati. La scelta di assegnare o meno un bene da parte del testatore ad un parente investe soltanto una parte del patrimonio, Altrettanto ridotto è il margine di diseredare uno degli eredi legittimi: possono essere esclusi soltanto i fratelli e le sorelle, non coniugi, figli, ascendenti, ossia genitori e nonni; tuttavia i legittimati potrebbero risultare “indegni” – e non godere delle quote di eredità – solo sentenza di un Giudice, che ha riconosciuto il carico di reati contro la persona (a meno che il de cuius non dichiari il proprio perdono).