Ecco come l’Erario quantifica le mancate entrate derivanti dai profitti non tassati e a quali sanzioni vanno incontro i soggetti coinvolti. I dettagli
L’evasione fiscale, in tutte le sue forme, costituisce una prerogativa di tutti i governi italiani succedutisi in questi ultimi anni. Esistono, e vengono periodicamente rafforzati, gli strumenti per combattere il fenomeno del mancato incasso delle imposte, come l’elusione di alcune tasse. Ogni esecutivo agisce alla sua maniera, ma puntando ad ogni modo sulla presenza di articolati e solidi di vigilanza che vanno dall’Agenzia delle Entrate fino alla Guardia di Finanza.
È vero anche che talvolta l’evasione è stata e viene combattuta non solamente in termini specifici di repressione. Sebbene bisogna considerare il contesto storico e socio-economico che sta vivendo la società, le decisioni politiche dei governi si dirigono sempre più diffusamente in direzione di una forma “conciliatoria” come quella della rottamazione delle cartelle esattoriali.
Ultima in ordine temporale, l’attuale rottamazione delle cartelle esattoriali, promossa dall’ultima legge di bilancio del governo Meloni, è stata dettata dalla esigenza piuttosto urgente di incassare ingenti somme quali risorse economiche a finanziamento dei provvedimenti prescritti anticipatamente dalla manovra di bilancio. Insomma, tutto denaro da spendere per affrontare il caro bollette, quanto l’allarme inflazione.
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Proprio due terzi dei fondi stanziati dalla legge di bilancio approvata viene destinata a contrastare il progessivo impoverimento delle famiglie dei lavoratori e dei pensionati in difficoltà, causato dalla crisi internazionale. Pertanto è stato concesso uno stralcio netto ai debiti sotto i mille euro (allo Stato costa di più riscuoterli) e un’ampia scontistica sulle sanzioni e gli interessi per le cartelle (escluse le multe stradali) dai mille ai tremila euro.
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Ma all’Agenzia delle Entrate, uno dei problemi principali riguarda i profitti non dichiarati, o meglio le operazioni imponibili nascoste alla tassazione. Un campanello d’allarme può scattare anche per un lavoratore disoccupato, per il quale, pur percependo l’indennità a lui riservata, continua ad aumentare la giacenza del conto in banca. Nell’ambito delle vendite, quanto tra i professionisti, l’Agenzia va a scovare il ricarico ove si cela il guadagno a nero; si avvale di un calcolo della percentuale di ricarico, effettuato integrando i dati in mano alla Guardia di Finanza. Lo stesso vale per il versamento dei contributi e delle differenze retributive. Pertanto viene applicata una sanzione da 100 a 500 euro al datore che per ciascun lavoratore non comunica l’assunzione ai Servizi dell’Impiego. Se la durata dell’impiego arriva a 60 giorni, la sanzione amministrativa va da 1.500 a 9.000 euro; fino a 90 giorni, la sanzione si spinge da da 3.000 a 18.000 euro per ogni lavoratore irregolare; oltre 60 giorni, si raggiunge una sanzione di 36.000 euro.