Questa è la matematica che si cela dietro il trattamento di fine rapporto che viene raccolto durante la carriera lavorativa. Come funziona
Nel corso del 2022, sono state messe in atto molteplici e differenti misure economiche atte a soccorre quella fascia di popolazione particolarmente svantaggiata, che ha subito le ferite della crisi internazionale. All’interno vi sono lavoratori e pensionati, in parte provenienti da contesti di povertà pregressa; altri inclusi in un processo di progressivo impoverimento dovuto all’erosione del potere di spesa.
La stessa ultima legge di bilancio approvata, ha reindirizzato nuovamente il focus suoi soggetti e i contesti familiari particolarmente colpiti dal rincaro dei costi energetici delle bollette, quanto per la corsa della perdurante inflazione, affacciatasi al nuovo anno nella previsione di una nuova accelerazione a due cifre percentuali. I provvedimenti annessi coinvolgono i due terzi dei fondi stanziati: la proroga di sei mesi sul distacco delle utenze; l’innalzamento reddituale ISEE a vantaggio delle famiglie numerose.
Su quale calcolo si basa l’accantonamento del TFR
Mentre alcune misure economiche essenziali sono state radicalmente ridimensionate per razionalizzare le finanze dello Stato, come è successo per il Reddito di Cittadinanza, ridotto a soli sette mesi, altri sostegni sono stati rinnovati all’insegna della nuova annualità del 2023, incluso l’Assegno Unico e universale per le famiglie dei lavoratori dipendenti, ma anche di inoccupati con figli minorenni o disabili a carico.
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Il 2022 si è chiuso, sul fronte del popolo delle buste paga, con il rinnovo dei contratti nazionali di categoria – in particolare nella Pubblica Amministrazione – aprendo ad una sostanziosa rivalutazione degli stipendi, compresi di arretrati retroattivi. Anche per il 2023, i lavoratori possono contare sulle consuete modalità di maturazione del TFR. Il trattamento di fine rapporto può essere incluso nei Fondi di previdenza complementare, di categoria o di settore, oppure tra i Fondi negoziali, con i rendimenti legati ad investimenti dal rischio differenziato.
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Il TFR depositato in azienda viene consegnato al lavoratore una volta cessato il rapporto con il datore. Ogni anno, al TFR viene destinata una quota pari al 6,91 per cento della retribuzione annua. Dunque, la quota TFR trova corrispondenza a a una mensilità lorda circa. Al 31 dicembre di ogni anno, vengono accantonati i relativi importi, indicizzati di tasso pari all’1,5 per cento in misura fissa, e da un 75 per cento dovuto all’adeguamento ISTAT dell’indice dei prezzi al consumo.