Questa è la destinazione dei beni appartenenti ad un defunto che verranno ereditati nonostante la mancanza delle volontà scritte. I dettagli
L’avvenimento più o meno improvviso del decesso di un proprio caro influisce in misura straordinaria sugli equilibri di una famiglia, in termini sia affettivi sia economici. Non è escluso che si mofidichino le dinamiche anche al di fuori del contesto del nucleo familiare coinvolto, ovverosia tra la parente. In un certo, tutto dipende dalla condotta del soggetto deceduto e degli effetti che genera la sua morte.
La normativa, come è noto, ed in particolare la regolamentazione INPS offre diversi spunti oltre che delle garanzie ai membri dei nuclei familiari a cui è appartenuto il de cuius. In particolare, se il soggetto è stato un percettore del trattamento pensionistico previdenziale, i familiari superstiti a suo carico possono beneficiare, in misura variabile a seconda della linea diretta con lo stesso, di una quota parte mensile, la cosiddetta pensione di reversibilità.
Se possa apparire, per disposizioni di legge ben precise, i termini dei trattamenti previdenziali, in realtà la normativa soddisfa anche l’altro aspetto che subentra prepotentemente nell’ambito della morte di un familiare: l’eredità. Sempre nei confini del nucleo familiare, la suddivisione è sufficientemente chiarita dalla normativa. Certo, per quanto corcerne i legami di parentela, essi possono essere meglio soddisfatti dalle volontà scritte di un testamento depositato presso uno studio notarile.
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Non è così infrequente che i defunti non lascino disposizioni scritte e questo poiché la disciplina di legge soddisfa qualunque necessità di redarre un testamento. In effetti, la legge stessa fissa per principio che l’eredità, in mancanza di un atto testamentario, spetta innanzitutto al coniuge e ai figli del de cuius. Quando i figli sono più di uno, il patrimonio da spartire è pari a due terzi, e il restante un terzo è assegnato al coniuge.
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In assenza dei figli, la linea ereditaria dei beni si sposta su fratelli e genitori qualora siano ancora in vita; ma di fatto al coniuge spetterà comunque la quota dei due terzi. Si riduce a un terzo il patrimonio ereditato dai fratelli del defunto o dai suoi genitori, o entrambi per capi. Di solito, però, ai genitori va almeno la metà dell’eredità. In caso di figli e fratelli già deceduti, o per rinuncia all’eredità, i beni vengono divisi per stirpi, ovvero tra i rispettivi discendenti. Una metà può andare – ad esempio – al nipote del, che la divide con un fratello se il defunto è celibe e senza figli. La trasmissione si può quindi estendere fino al sesto grado; altrimenti, l’eredità passa allo Stato.