Ecco come si esprime la normativa sulla divisione della giacenza in comune di coniugi giunti alla cessazione del rapporto. I dettagli
Il famigerato conto in banca rappresenta un po’ uno dei simboli principali delle società moderna, nonché croce e delizia nelle vite dei suoi titolari. Difficile escludere dalle incombenze quotidiane il possesso di un conto corrente, sebbene esistano delle alternative più che valide, ma in fondo costituiscono una sorta di succedanei al primo; si può pensare infatti di aprire un conto deposito, ma a quel punto si può contare su funzioni di movimentazione ben più limitate.
Attualmente sono attive anche altre alternative, legate principalmente al margine di riduzione delle spese di gestione che in ambito bancario non sono poche: a parte il conto BancoPosta delle Poste Italiane che offre una gestione tanto economica quanto concorrenziale, è la carta PostePay Evolution ad offrire una via d’uscita, consentendo di ricevere versamenti e bonifici in forma di ricarica, grazie alla presenza di un IBAN associato.
Principalmente l’apertura di un conto permette di gestire una giacenza in più occasioni movimentata per sostenere le spese e le necessità di vita. Una giovane coppia – ad esempio – può sottoscrivere l’attivazione di un conto cointestato, mettendo dunque in comune le proprie entrate di stipendi e rendite, ma al contempo risparmiando su una “doppia” spesa di tenuta delle somme depositate, prodotta dalla presenza non di uno ma di due conti.
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La cointestazione del conto corrente favorisce l’ingresso di indubbi vantaggi, che non cozzano con l’obbligo della firma congiunta in quanto non è impedito ai coniugi di avvalersi dell’opzione di operare autonomamente, cioè tramite la firma disgiunta. Una valida pretesa estremamente positiva finché i due coniugi vanno d’accordo. Sì, perché può sorgere la circostanza che sopraggiunga il divorzio ed è dunque la normativa a pensare al destino del capitale depositato in banca.
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Legalmente, bisogna provare che il conto cointestato sia alimentato principalmente da uno dei due coniugi: in caso positivo, si procede ad una suddivisione per quote differenti; nel caso la dimostrazione abbia esito negativo, preverrà la comunione delle somme, divise pertanto al 50 per cento. L’assegnazione di pari quote, però, può essere pregiudicata dalla presenza, nella giacenza in comune, di somme derivanti da beni ereditati, e dunque personali; a meno che tali importi, anche se provenienti dalla vendita di un bene personale, non vengano impiegati nella manutenzioni o il miglioramento dei beni comuni. In questa circostanza, uno dei coniugi riceverà un indennizzo dall’altro, in base ad un accordo di restituzione.