Ecco la simulazione relativa al tanto atteso adeguamento degli importi previdenziali deciso per quest’anno. I particolari
Il passaggio ad un anno particolarmente drammatico come il 2022 e il nuovo a cui ci si sta pian piano affacciando, non è privo di cambiamenti e di importanti novità. Con la conclusione del 2022, si sono esauriti tutti gli effetti sul piano fiscale e previdenziale relativa alla competenza annuale. A partire dal 1° gennaio stanno avendo luogo le misure già previste dalla legge di bilancio.
Mentre è in corso il “nuovo” Reddito di Cittadinanza, riscritto sostanzialmente nei suoi requisiti di accesso e di durata, è stato varato il rinnovo di una misura fondamentale per le famiglie dei lavoratori dipendenti, ma non solo: l’Assegno Unico e universale. Il 31 dicembre è terminata la prima annualità; dunque, fino al 1° marzo i nuclei potranno presentare le domande di rinnovo per accedere alle erogazioni in partenza dal 1° aprile 2023. Ma le novità maggiori albergano nel campo delle pensioni INPS.
Dal 1° gennaio 2023, nell’ambito del sistema pensionistico, è approdata la Quota 103, la nuova misura transitoria che con i suoi 62 anni anagrafici e 41 anni contributivi richiesti al lavoratore, sostituisce la scaduta Quota 102 e lascia ancora in stand by il ripristino completo e in automatico dei requisiti pensionistici dettati dalla controversa Legge Fornero. Ad ogni modo, permane l’accesso – senza modifiche di sorta – alla pensioni di vecchiaia.
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Sul piano specifico degli importi, è partita la seconda rivalutazione ISTAT, dopo il parziale adeguamento anticipato avvenuto nel mese scorso di ottobre. Il MEF ha dunque deciso per l’applicazione dell’indice pari al 7,3 per cento, distribuito secondo le consuete aliquote reddituali. Con esso, l’adeguamento percentuale porta con sé la novità che prevede, da quest’anno, la rivalutazione non più annuale ma trimestrale.
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L’ultima legge di bilancio ha così posto in essere un’attesa di ben sette fasce di rivalutazione spalmate nel corso del biennio 2023-2024. Al contempo, però, il trattamento sarà adeguato per l’importo complessivo, non più a scaglioni; un meccanismo che penalizzerebbe le pensioni più elevate. Mentre le pensioni minime per gli over 75 passano dai 563 euro al mese a 600 euro, le pensioni fino a quattro volte il minimo, ovvero 2.101,52 euro al mese lordi, otterranno l’incremento al cento per cento (+7,3 per cento). La rivalutazione scende all’85 per cento per gli assegni tra le quattro e le cinque volte; del 53 per cento tra le cinque e le sei volte il minimo; del 47% tra sei e otto volte il minimo; del 37 per cento per quelle tra otto e dieci volte; oltre dieci volte, del 32 per cento.