Assegno mantenimento | Decade se l’ex spende così i soldi

Una recente Ordinanza della Corte di Cassazione mette in luce che l’assegno di mantenimento decade in questo caso specifico

assegno manenimento
assegno mantenimento decadenza (Foto Adobe-pensioni.it)

Quando un matrimonio finisce, il coniuge che si trova in stato di bisogno economico ha diritto all’assegno di mantenimento. Si tratta di un sussidio dovuto per legge che rientra tra gli obblighi di solidarietà familiare contenuti nel codice civile. Tali assegni devono essere assegnati in proporzione allo stato di bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli.

L’assegno di mantenimento ha una funzione sia assistenziale che perequativa. Questo significa che è un sostegno economico successivo alla cessazione della convivenza ma in continuità con essa e finalizzati non alla ricostituzione del tenore di vita esistente durante il rapporto, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dei coniugi stessi.

Assegno mantenimento, in questo caso decade

assegno mantenimento
assegno mantenimento decadenza (Foto Adobe-pensioni.it)

L’importo dell’assegno di mantenimento varia a seconda della presenza di figli: generalmente un genitore spende nell’interesse dei figli un importo pari al 30% del loro reddito netto. Il mantenimento che il padre dovrà versare in favore di tre figli, ad esempio, sarà pari all’incirca a 604,50 euro, con affidamento della prole congiunto sì, ma con prevalenza nei confronti della madre.

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Ci sono dei casi in cui, così come riportato in una recente Ordinanza della Cassazione, il mancato riconoscimento dell’assegno divorzile scatta se il coniuge beneficiario fa delle spese ingiustificate. In questa Ordinanza la Cassazione valuta un parametro importante nella definizione dell’assegno nei confronti dell’ex coniuge divorziato: l’analisi delle sue spese.

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In particolare, ad essere prese di mira sono la quantità e la qualità delle uscite che potrebbero indicare la percezione di altre forme di reddito. Prendendo ad esempio il caso di una donna, licenziata dal posto di lavoro e che chiedeva l’assegno, ci si è accorti che il regolare pagamento delle quote del finanziamento, del canone di locazione, di spese mediche e varie altre spese indicavano una solidità economica ben diversa rispetto al dichiarato.

Per la Cassazione questi erano segnali di una fonte di reddito non dichiarata e che avrebbe reso ingiusta l’assegnazione dell’assegno divorzile. La sentenza si pone sulla linea delle recenti pronunce che sembrano indicare un’attenzione maggiore sulle dinamiche della vita di coppia. Il rischio altrimenti sarebbe quello di giungere a conclusioni paradossali e lesive della libertà economica di una delle parti.

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