Questi percettori del trattamento previdenziale non riceveranno dal 1° gennaio il tanto atteso adeguamento. Ecco perché
Con la progressiva fine del mese non si sta esaurendo soltanto la strenua corsa ai regali e un anno dai tratti drammatici e travagliati. Stanno gradualmente finendo altresì gli effetti delle misure di supporto economico messe a disposizione del governo tramite i pagamenti effettuati dall’INPS. Le risorse destinate al 2022 stanno terminando lasciando ora il posto ai cambiamenti nelle regole su alcuni strumenti previdenziali.
Dal 1° gennaio prossimo, il supporto economico che più presentarà stravolgimenti rispetto all’impianto originario della legge che lo ha varato, è indubbiamente il Reddito di Cittadinanza. Termineranno infatti al 31 dicembre 2022 gli effetti degli oramai vecchi criteri di accesso e di durata, sovvertendo completamente il “ritratto” medio della platea che per reddito necessita della misura: si passa dai diciotto mesi rinnovabili ai sette mesi non rinnovabili, con l’eventualità dello stop anticipato per il rifiuto del lavoratore all’unica proposta professionale da parte del Centro per l’Impiego.
Il finanziamento per i vari supporti a sostegno delle fasce della popolazione economicamente più deboli ed più esposte agli insostenibili rincari delle bollette ha comportato un fisiologico razionamento delle risorse ad appannaggio delle casse statali. Ma tali risorse stanno per essere riversate – in base all’ultima manovra di bilancio – a favore delle famiglie e dei pensionati a basso reddito.
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Il 1° gennaio rappresenta, ancora una volta, anche l’esordio di nuove modifiche: ovverosia sulle pensioni. Tema, questo, rimasto in ballo con il congedo dell’esecutivo Draghi. L’imminente scadenza della Quota 102 verrà seguita a stretto giro dall’esordio della Quota 103 – 62 anni di età più 41 anni di contributi versati – appena approderà nella prossima legge di bilancio. Nel frattempo, i trattamenti INPS stanno beneficiando dell’adeguamento ISTAT dello scorso ottobre.
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Dal 2023 scatta però l’altro adeguamento con indice all’8 per cento, in prospettiva del contrasto alla galoppante inflazione a due cifre percentuali. A quanto pare dalle ultime notizie, l’aumento non sarà automatico: peggio, non arriverà a gennaio, o almeno non a tutti. L’incremento si avrà puntualmente sulle pensioni fino a 2.100 euro lordi (1.500 euro circa mensili). La “seconda” rivalutazione parziale per gli altri trattamenti partirà nessariamente da febbraio e marzo, dato che sono scaduti i tempi tecnici dell’Istituto per effettuare i ricalcoli anche per le erogazioni medio-alte. Ovviamente, i percettori riceveranno gli arretrati.