Potrebbe divenire una realtà il ritorno delle protezioni igieniche facciali con il registrarsi dell’aumento dei casi di febbre. Cosa succede
Dopo poco più di due anni, il decreto legge n. 24 ha messo fine all’emergenza sanitaria da Covid-19. Con l’anno che sta volgendo al termine, verrà ricordata questa data che ha chiuso i battenti alla peggiore calamità sanitaria occorsa nella storia moderna in Occidente: il 31 marzo 2022, infatti, il decreto è stato convertito in legge, in vigore dal 1° aprile successivo. Con ciò, l’Italia ha provato lentamente a ripartire, anche se non senza sofferenze.
Innanzitutto, la ferita produttiva, seppur cauterizzata da una fisiologica accelerazione (tra il 7 e l’8 per cento) che ha fatto registrare una inflazione “buona” per il PIL nazionale, ha lasciato dietro di sé numerose vittime delle chiusure aziendali: disoccupati, attività che hanno chiuso i battenti, una cascata di lavoratori iscritti alla cassa integrazione e ai sussidi d’emergenza. Ad oggi, però, la vera eredità del Coronavirus riguarda la capacità di convivere stabilmente con numerosi dispositivi sanitari.
Dopo la collaterale ma massiccia esperienza vaccinale, non sono del tutto scomparsi dalle circolari del Ministero della Salute i luoghi dove vige l’obbligo della mascherina facciale, modello FFP2, entrato nel kit quotidiano di uomini e donne. Molti luoghi pubblici hanno riaperto all’espressione facciale “libera” ma ancora nelle strutture sanitarie come ospedali, cliniche, RSA e hospice, la mascherina è tuttora obbligatoria.
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L’impattante influenza che si sta palesando alle porte dell’inverno ha fatto sorgere alcuni interrogativi ai responsabili di alcune specifiche strutture pubbliche: la scuola, ad esempio. Non mancano alcuni dirigenti scolastici che vorrebbero ripristinare l’obbligo delle protezioni facciali FFP2 per arginare il contagio dell’influenza – come spesso avviene – tra i banchi di scuola. Un obbligo a carico sia del personale scolastico che degli alunni.
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L’obbligo della mascherina dettato dalla dirigente scolastica dell’Istituto superiore Ugo Mursia, a Carini, in provincia di Palermo, non sembra privo di toni esagerati, dal momento che anche le varianti del Covid-19 hanno dimostrato una capacità endemica di contagio estremamente depotenziata. Nello stesso tempo, la decisione della responsabile, in fondo, è coerente con le linee guida ministeriali sulla preservazione dei soggetti più fragili: pertanto, non può frequentare la scuola chi presenta problemi respiratori, tosse, raffreddore, vomito, diarrea, oltre alla perdita di gusto ed olfatto, una temperatura superiore a 37,5°, con esame del tampone positivo.