Il pellet è una delle principali risorse per combattere il caro bollette, ma si fatica ad arginare i prezzi in aumento per il chilo. Cosa succede
L’ultima manovra di bilancio presentata dal premier Giorgia Meloni non poteva non essere il risultato delle circostanze e dei tempi immersi nella attuale crisi energetica che sta investendo le economie europee. Dal documento infatti, si possono individuare due filoni della medesima declinazione in chiave di aiuto ai costi delle utenze domestiche: il primo riguarda la proroga di sei mesi del distacco delle utenze a favore delle famiglie che non ce l’hanno fatta a pagare le relative fatture; il secondo è invece un “bonus bollette”.
Quello del bonus è un contributo per permettere ai redditi più bassi di integrare tra le somme per il sostentamento, anche un opportuno importo per non restare al freddo e senza gas nei fornelli delle proprie abitazioni. Altri italiani, nel frattempo, seguendo l’invito istituzionale, hanno modificato le abitudini di consumo, in special modo sugli elettrodomestici; altri ancora hanno approfittato dei bonus fiscali per installare impianti e dispositivi finalizzati all’efficientemento energetico.
Di recente sono così apparsi sui balconi e sui terrazzi degli edifici privati i pannelli solari. Qualcun altro, in maniera decisamente più defilata, ha pensato di applicare i pannelli termoriflettori dietro i termosifoni posti là dove la dispersione di calore è maggiore che nel resto della casa, ossia sotto le finestre. Altri ulteriori accorgimenti sono relativi all’affiancamento o alla sostituzione dei riscaldamenti, centralizzati e no, a gas con l’azione di varie tipologie di stufe.
Sono state infatti “riscoperte” le stufe elettriche, ma sono state mutuate alla montagna e alla campagna le vecchie stufe a legna e a pellet. “Vecchie” per modo di dire, visto che le sole ammesse dalla normativa per la regolare accensione invernale sono quelle ad alta certificazione energetica, “a quattro stelle”, rispettose dell’ambiente e dei livelli sostenibili del monossido di carbonio prodotto.
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Il ricorso massiccio all’alternativa del pellet è stato intercettato dal listino dei prezzi, che ha fatto dunque aumentare il costo al chilo; ed anche il prezzo per l’acquisto di una stufa non è certo lo stesso a quello precedentemente affisso prima della esplosione della crisi energetica. Specificatamente per il pellet, non esistono bonus; ma ne esistono di vari se la causale tratti di riscaldamenti alternativi: come l’Ecobonus, con cui si ottiene una detrazione del 65 per cento fino ad un massimo di spesa per la casa di 30 mila euro.
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In alternativa, vi è l’incentivo del conto termico, erogato dal Gestore Servizi Energetici (GSE), per gli interventi volti ad aumentare l’efficienza energetica e la produzione di energia termica derivata da fonti rinnovabili; è esclusa la nuova installazione, ma per la sostituzione di un impianto già esistente viene erogato un rimborso pari al 65 per cento della spesa sostenuta: tra gli impianti in oggetto, vi sono appunto camini, stufe, termocamini e caldaie con specifici requisiti energetici.