Ecco come comportarsi legalmente in opposizione al divorzio da parte di uno dei due coniugi. Quali controversie occorre affrontare
In Italia, sono migliaia i matrimoni che vengono celebrati con rito religioso, oppure con rito civile, ogni anno. Al contempo, cresce annualmente – con centinaia di casi – la curva delle separazioni che sfociano ben presto nel divorzio. Non mancano le casistiche in cui sono trascorsi soltanto pochi mesi dalla cerimonia. È una realtà, di fatto, riconosciuta anche dal sistema previdenziale.
E così come un coniuge separato o divorziato può beneficiare della pensione di reversibilità alla morte del percettore del trattamento, purché il primo sia in possesso – rispettivamente allo status – di un assegno di mantenimento e dell’assegno divorzile e non sia convolato a nuove nozze, allo stesso modo, anche l’ampia bagaglio dei supporti erogati dell’INPS non fa, del suddetto, oggetto di discriminazione economica: gli assegni familiari, ad esempio, sono pagati ai nuclei di genitori separati e divorziati.
Se l’altro coniuge si oppone al divorzio, c’è sempre l’alternativa del Tribunale
Un problema può, al contrario, sorgere a monte: ovverosia, se in sede legale, uno dei coniugi non concede il divorzio all’altro. Supportato da un buon avvocato divorzista, la parte che non ottiene il consenso dovrà portare la controversia davanti il giudizio di un Tribunale, chiedendo al Giudice la cosiddetta separazione giudiziale e facendo causa al o alla consorte opponente.
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L’ottenimento del passo ulteriore, cioè il divorzio giudiziale, comporta alla base l’esposizione delle ragioni e dell’addebito di responsabilità del dissenziente circa la conclusione del rapporto. L’atto processuale sarà oggetto di notifica, in presenza o in assenza del coniuge cha ha posto il suo rifiuto. Pertanto la richiesta del primo è sufficiente per convalidare la crisi del rapporto una volta accertata l’intollerabilità a cui è giunta la comunione matrimoniale.
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Certo, la richiesta congiunta di divorzio presenta indubbi vantaggi dal punto di vista dei tempi e dei costi: grazie ad un accordo prestabilito, il tutto viene sbrigato rapidamente e con esborsi tutto sommato economici. Per legge, infatti, dalla separazione al cosiddetto “divorzio breve” non trascorrono più di tre anni, richiesto al Tribunale – nei sei mesi successivi in caso di separazione consensuale; dopo dodici mesi, in caso di separazione giudiziale – e ottenuto. Col divorzio giudiziale, al contrario, i tempi non sono prevedibili e il rischio è che si allunghino notevolmente; idem per i costi di tipo legale che cominciano a lievitare: la diversa durata di questo divorzio, infatti, può comportare spese fino a 15 mila euro.