Questione pensioni sempre al centro del dibattitito politico, nel 2023 alcune categorie di lavoratori hanno raggiunto i requisiti per quota 41
Dopo la fine della campagna elettorale e con il governo saldamente in sella, la questione legata alla riforma delle pensioni assume un’altro carattere. Le misure fin qui adottate non hanno risolto la situazione e ormai riducendo i loro effetti sulla platea di possibili richiedenti.
La riforma del sistema pensionistico dovrà affrontare un riordino complessivo per evitare il ritorno dell’impianto più rigido realizzato dalla Fornero. Quindi flessiblità in uscita, trattamenti dignitosi e compatibilità con i conti pubblici saranno al centro della discussione nel corso dell’anno prossimo. Comunque al momento è certo che alcuni lavoratori si trovano ormai nella condizione anagrafica per accedere a quota 41.
Con le regole attuali i nati tra gennaio e dicembre degli anni 1960 e 1961 potranno nel corso del 2023, approfittando delle regole previste da quota 41. Quindi oltre al requisito anagrafico dovranno aver 41 anni di contributi versati. Già nel corso dei mesi scorsi molti dei nati nel 1959 sono usciti dal mondo del lavoro approfittando di quota 100.
Le persone che sfruteranno quota 41 nel corso del prossimo anno però sempbra saranno poche, non avendo sfruttato l’uscita a quota cento nel periodo precedente. Si parla che gli interessati non siano oltre i 25 mila per alcuni ricercatori, altri indicati in un numero compreso tra 45 e 50 mila le persone counvolte in quota 41.
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Cifre comunque non elevate che dimostrano i limiti dell’attuale sistema, in particolare il divieto di cumulo per quota 41 allontana molti possibili candidati alla pensione da questa opzione. La spesa prevista per quota 41 nel corso del prossimo anno è di circa 325 milioni di euro, considerando che molti non accederanno alla prestazione pensionistica nei primi dell’anno. Quindi la discussione è appena all’inizio con diversi scottanti temi da affrontare dalle pensioni di invalidità all’assegno sociale da incrimentare.
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Unici punti fermi sembrerebbero Opzione donna e Ape sociale, con uscita a 58-59 anni e 35 di contributi la prima e 63 anni e 30-36 anni di contribuzione, ma solo per alcune categorie fragili di lavoratori (donne, caregiver, invalidi, disoccupati e lavoratori impegnati in attività usuranti). Non resta che attendere gli sviluppi.