Senza questa specifica sigla sul documento cartaceo, il titolare potrebbe avere una brutta sorpresa. Di cosa si parla
Da centosessant’anni – a tanto è giunto l’anniversario col 2022 – le Poste Italiane forniscono i loro servizi per la gestione del risparmio da prima ancora che Roma diventasse la capitale del Regno sabaudo e fossero fatti gli italiani, fatta (quasi) l’Italia. Sin dalle origini, l’indole dell’articolata struttura per la comunicazione e l’economia non è stata dunque soltanto quella di far recapitare con puntualità lettere e telegrammi, e oggi anche bollette e multe.
Quello delle Poste è stato un supporto immediato nei confronti dei cittadini (nell’accezione più diffusa della popolazione), tesi a proteggere i propri risparmi in un luogo adeguato e con l’ottica di ricavare dal fattore tempo interessanti rendite per il futuro. Assieme alla diffusione dell’immancabile libretto postale dei risparmi all’interno delle famiglie, il Gruppo ha messo mano all’ampio ventaglio dei piccoli risparmiatori grazie ai Buoni fruttiferi.
Metafora del seme che viene seminato e lasciato maturare dalle stagioni – serene e burrascose – del risparmio e della vita, il buono postale ha registrato un riscontro regolarmente positivo, grazie al fatto che i sottoscrittori sono convinti dalla gestione estremamente semplice e la cui unica contropartita resta il tempo da impegnare (oltre alla somma) per generare una buona percentuale di rendita riscattabile.
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Peculiarità principale del buono è rappresentata dal lungo termine che garantisce di approdare al rimborso degli interessi dopo aver attraversato tutte le potenziali eventualità dei picchi negativi percentuali. Ma nei tempi recenti questi prodotti postali, forti della garanzia dello Stato tramite Cassa Depositi e Prestiti, sono stati proposti anche nella formula a breve e medio termine, dando l’opportunità al risparmiatore di blindare una somma ai benefici di un certo margine temporale favorevole di tassi al rialzo.
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Oggi, dopo vent’anni di deposito, il titolare può recarsi all’ufficio postale con il documento cartaceo e rendere esigibile il buono; come detto, in alcuni casi anche prima (ad esempio, con i buoni 4×3, 4×4, 5×5). Il rimborso del titolo giunto alla scadenza, ma più avvenire in qualsiasi momento precedente ricevendo gli interessi accumulati al momento dello svincolo, è possibile grazie ad una piccola sigla cui non tutti prestano la giusta attenzione: “CPFR”. Si tratta di una clausola, acronimo di “con pari facoltà di rimborso”. Ciò significa che uno degli intestatari di un titolo può presentarsi autonomamente allo sportello per richiedere il rimborso dell’importo.