Firmato l’adeguamento che rivaluterà dall’inizio del 2023 gli importi pensionistici di tutti i percettori. Di quale entità si tratta
Se l’odierna crisi energetica non arresta la sua corsa al rialzo delle tariffe sui consumi e gli italiani subiscono pressoché passivamente queste curve esponenziali, l’incremento generale, altrettanto incontrollato, dei prezzi sui beni di consumo ha come causa l’inflazione e la sua ascesa a danno del potere di acquisto. Le annesse percentuali si sono riversate dunque su ogni tipologia di scambio di beni e servizi.
A parte la spesa alimentare più cara, anche la richiesta di un finanziamento o di un mutuo presso gli istituti di credito si è fatta più problematica a causa degli onerosissimi tassi di interesse, i quali dallo scorso settembre sono schizzati per decisione della Banca Centrale Europea, dopo la tregua estiva. È apparso un modo per cercare di arrestare la rapida corsa dell’inflazione ma è oramai chiaro come essa si stia preparando a viaggiare per il 2023 su percentuali a doppia cifra.
La componente economica dell’inflazione non rappresenta soltanto un fattore che si subisce senza effetti su altri piano. Per dirla così, esiste un aspetto positivo – sul piano dei singoli – dell’incremento inflazionistico: la rivalutazione degli importi in base agli indici ISTAT. Riguardo alle pensioni, essa è stata anticipata all’ultimo trimestre di quest’anno anziché all’inizio del 2023 per ammortizzare l’impatto degli adeguamenti sulle casse dello Stato.
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Ora si scopre che la revisione del 2 per cento (quella approntata già dal mese corrente sui cedolini), oltre ad essere insufficiente a riflettere la reale portata dell’inflazione, come è stato previsto si è proceduto a rivedere le stime, messe in campo dal 1° gennaio prossimo. Lo stesso neo ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha messo la firma sul decreto che farà salire le pensioni del 7,3 per cento in più.
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Si valuterà come le casse previdenziali dell’INPS affronteranno questo ulteriore esborso ma nel frattempo gli aumenti sono variabilmente distribuiti dai 38 euro netti in più su un importo mensile lordo minimo di 525,38 euro (al 2022), fino ad un netto massimo di 88 euro sull’attuale lordo mensile di 1.750 euro. Gli aumenti, per il momento, riguardano solo le pensioni, non gli stipendi; ma sebbene l’incremento è stato sottovalutato per essere alla portata dell’erogazione statale, ci sarà da attendersi anche un inasprimento della pressione fiscale.