Basta una telefonata apparentemente ben referenziata per mettere a rischio la propria giacenza con pochi dati sensibili richiesti. Cosa accade
Oggigiorno la tecnologia ha reciso molti rapporti umani all’interno degli scambi di servizi. L’orizzonte telematico ha reso maggiormente più autonomo l’utente attraverso piattaforme intuitive e senza la necessità di possedere specifiche conoscenze. Tranne che procedere in una qualsiasi operazione con la dovuta cautela: la stessa che si deve applicare nei pagamenti on line e nella gestione home banking del conto corrente; la stessa trasferita dalla vita reale.
Dunque, nel giro di pochi anni, all’utente – e alla vita reale – è stato sottratto un poderoso quantitativo di contatti umani, non ultimi quelli derivanti dal recarsi in banca o all’ufficio postale per effettuare qualsiasi operazione sul proprio conto corrente. Tale ricorso è ora ridotto al minimo, dovuto altresì al fatto che il denaro contante richiesto è decisamente ridotto per l’ascesa dei pagamenti elettronici. Ma l’inversione di tendenza non riguarda invece le truffe.
La conversione strumentale dei tentativi di truffa ha, come è noto, il suo risvolto digitale: si chiama phishing ed è oramai stato diffusamente sperimentato da molte persone. Esso infatti consiste nel ricevere una comunicazione – in special modo – sul proprio indirizzo di posta elettronica o tramite sms: il messaggio è solitamente allarmante e tende a segnalare una presunta anomalia sul conto corrente; anomalia che si può sbloccare accedendo al link copiato in calce.
Dietro il form da compilare con tutte le informazioni sensibile necessarie a sbloccare il problema, i presunti operatori dell’istituto di credito hanno così tutte le chiavi per aprire e svuotare il conto. Ma il progresso non ha certamente fermato le frodi di sempre, il phishing prima del phishing: il classico contatto telefonico funzionale agli stessi suddetti scopi. L’attenzione è sempre d’obbligo quando si è sottoposti alla richiesta di fornire dati personali; ma un po’ di fortuna non guasta quando può accadere di riceverla proprio quando si è di fronte allo sportello dell’impiegato bancario o postale.
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Come è capitato ad Arborea, in provincia di Oristano, dove un falso operatore delle Poste ha contattato un giovane utente mentre quest’ultimo si è trovato presso l’ufficio postale. La telefonata è giunta nel bel mezzo di alcune operazioni allo sportello, pertanto l’impiegata, insospettita dalle evidenti difficoltà del ragazzo ha preso in mano la situazione: si è fatta passare la persona al telefono; questa le ha riferito che era in corso una sostituzione di carta.
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L’addetta ha invitato il cliente a non effettuare alcuna operazione, ma, ancora in difficoltà e sotto la spinta del finto operatore, il cliente ha cominciato a portare avanti un’operazione di ricarica da 3 mila e 500 euro. Accortasi dal terminale, l’impiegata ha bloccato l’operazione e ha minacciato l’interlocutore telefonico di sporgere denuncia. L’altro ha immediatamente riattaccato e la truffa è stata così sventata.