I percettori del sussidio possono usufruire della compatibilità di questo altro sostegno beneficiando della cumulatività. Di cosa si parla
Nel corso dell’odierno momento storico, particolarmente drammatico per l’Europa, continente alle prese con la crisi del gas e dell’economia, assume un particolare significato un sostegno ai cittadini più in difficoltà come quello del Reddito di Cittadinanza. Analogamente agli altri bonus (che in realtà lo hanno succeduto), concorre a rappresentare un immancabile strumento di sussistenza.
Approvato dal Parlamento nel 2019, prima dell’arrivo del virus Covid-19 in Italia (con emergenza sanitaria a seguire), il sostegno ha trovato la sua collocazione nella cittadinanza in base alle sue stesse premesse: circa l’obiettivo di contrasto alla povertà e il reinserimento professionale e sociale del lavoratore. Una sorta di anticipazione delle vicissitudini che vivono nel presente.
La misura prettamente economica, consistente in un assegno mensile, si inserisce nel contesto dei redditi annui più bassi (fino a 9.360 euro) ma limitata alla volontà del soggetto lavoratore di sottoscrivere un patto sociale con i Centri per l’Impiego al fine di far veicolare le opportunità professionali. In presenza di ciò, si percepisce una somma per diciotto mesi rinnovabili, fino all’esaurirsi della propria condizione di difficoltà.
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Verrà a breve valutato, in tal senso, l’operato del nuovo governo, in direzione di una radicale revisione dei soggetti destinatari. Al momento, l’importo approda mensilmente sulla carta prepagata RdC emessa da Poste Italiane, utile per affrontare le spese alimentari, le onerose bollette delle utenze e contribuire all’affitto o ad un mutuo. Tutto ciò accomuna anche la Pensione di Cittadinanza, a favore degli interessati più anziani.
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Inclusi tra i requisiti per inoltrare a buon fine la domanda all’INPS, vi è il valore del patrimonio immobiliare, secondo il dato ISEE, non appartenente alla casa di abitazione, non superiore a una soglia di 30 mila euro; altresì, il patrimonio mobiliare consentito non deve superare il tetto di 6 mila euro, aumentato di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo. Importante è la compatibilità con il godimento della NASpI, della DIS COLL e di altro strumento di sostegno al reddito per la disoccupazione involontaria. Di conseguenza, sono fuori i soggetti licenziati per dimissioni.