La pensione di reversibilità è un trattamento destinato ai familiari del defunto: in un preciso caso si può ottenere il 100%. Ecco quando
La pensione di reversibilità è un trattamento economico che viene riconosciuto ai familiari superstiti nel momento in cui avviene il decesso del pensionato o assicurato (in tal caso si chiama pensione indiretta, ndr). Essa è riconosciuta in quota percentuale e solo nel caso in cui la persona deceduta abbia perfezionato 15 anni di anzianità assicurativa e contributiva.
Nel dettaglio, hanno diritto al trattamento il coniuge, il coniuge separato e anche il divorziato. Quest’ultimo solo nel caso in cui sia titolare dell’assegno e che non si sia risposato. I figli minorenni, inabili e maggiorenni studenti a carico del genitore al momento del decesso.
La pensione ai familiari superstiti, come già accennato, è pari a una quota percentuale della pensione che sarebbe spettata al pensionato defunto. Nel caso del solo coniuge è del 60%, mentre con un figlio sale all’80%. Con due o più figli si ottiene il 100%. Nei casi in cui ad avere diritto alla pensione siano solo i figli, o genitori o fratelli/sorelle, le aliquote sono le seguenti:
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Il familiare superstite è considerato a carico del pensionato defunto nel momento in cui lo stesso non sia autosufficiente economicamente. Ad avere diritto alla pensione sono anche i figli studenti, i quali svolgono un lavoro che dà loro un piccolo reddito. Tale importo non deve superare il trattamento minimo annuo di pensione, secondo i parametri del Fondo Pensioni lavoratori dipendenti, maggiorato del 30%.
La domanda per la pensione di reversibilità può essere presentata all’INPS, attraverso il servizio dedicato online, oppure tramite il contact center o, ancora, affidandosi a un Patronato o agli Intermediari dell’Istituto. I tempi ordinari per la lavorazione del provvedimento sono stimati in 30 giorni secondo quanto stabilito dalla legge n. 241/1990.