Toccherà al governo Meloni varare una nuova Riforma Pensioni: ecco tutti gli eventuali scenari e le misure confermate
Il nuovo Governo capitanato da Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha poco tempo per mettere in atto una nuova Riforma Pensioni per evitare il ritorno alla legge Fornero a partire dal 2023. Il 31 dicembre 2022 scade infatti anche Quota 102 e, nel caso in cui non si dovesse trovare un nuovo sistema pensionistico, il rischio di andare in pensione a 67 anni si fa sempre più concreto.
Per il momento non si possono fare che ipotesi dal momento che il Governo Meloni dovrebbe entrare in carica entro la fine di ottobre. Se il nuovo governo non facesse nulla, gli unici canali di uscita dal lavoro sarebbero quelli ordinari della legge Fornero. Parliamo dunque del pensionamento a 67 anni e 20 di contributi per la pensione di vecchiaia o 42 anni e 10 mesi per la pensione anticipata.
Con molta probabilità il governo Meloni prorogherà sia Opzione Donna che l’APE sociale. Forse entrerà in vigore anche una misura simile a Quota 102 che prevede l’uscita dal mondo del lavoro a 64 anni di età con 38 di contributi. La nuova Riforma Pensioni dovrebbe essere approvata entro luglio 2023 così che l’INPS possa farla diventare effettiva a partire dal 1° gennaio 2024.
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Inoltre il nuovo Governo potrebbe lavorare anche su Quota 41, ovvero il pensionamento con 41 anni di contributi versati a prescindere dall’età anagrafica. Attualmente possono usufruire di Quota 41 solo i lavoratori in possesso, al 31 dicembre 1995, di contribuzione che possono far valere almeno 12 mesi di versamenti antecedenti al compimento del diciannovesimo anno d’età, ovvero i cosiddetti “precoci”.
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Quello che Quota 41 fa è slegare l’addio al posto di lavoro dall’età anagrafica e chi ha iniziato da giovanissimo a lavorare andrà in pensione a un’età più che accettabile. Per applicare però Quota 41 bisognerebbe introdurre paletti per una amplia flessibilità di uscita dal mondo del lavoro dai 62 ai 60 anni con lievi penalizzazioni.
Dal canto suo l’INPS ha calcolato che Quota 41 costerebbe 5 miliardi nel primo anno e 9 miliardi nel decimo anno della sua applicazione. Se si ragiona in prospettiva di lungo termine, l’istituto valuta che Quota 41 porterà benefici dopo il 2040, quando inizierà a registrarsi un risparmio dovuto ai minori assegni pensionistici a causa dell’uscita anticipata dal lavoro.