La scorsa settimana è stato approvato l’ultimo provvedimento del governo uscente per sostenere famiglie e imprese
Il Governo Draghi ha approvato l’ultimo decreto prima delle elezioni politiche che daranno un nuovo parlamento e, di conseguenza, un nuovo esecutivo al Paese. Si tratta del decreto Aiuti-ter, approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri. Il decreto prevede una serie di aiuti a famiglie e imprese.
Intanto il decreto ha prorogato la scadenza del taglio delle accise dei carburanti al 31 ottobre. In tal modo gli automobilisti continueranno a pagare 30 centesimi in meno al litro al distributore. Sempre sull’energia è stato allargata la platea dei beneficiari dello sconto in bolletta di luce e gas. Infatti limite Isee per accedere allo sconto passa da 12.000 a 15.000.
Inoltre, lo sconto in bolletta viene prorogato a tutto il 2022, quindi anche per il quarto trimestre. Ridotta anche l’Iva sul metano ad uso industriale. Per le bollette alle imprese è stato messo a disposizione un finanziamento garantito dallo Stato al tasso agevolate di interesse equivalente a quello dei Btp.
Leggi anche: Allarme per i pensionati italiani: l’inflazione galoppa, ora rischiano davvero
Per quanto riguarda pensionati e lavoratori è stato previsto un nuovo bonus una tantum. Il bonus è del valore di 150 euro ed è previsto per lavoratori, pensionati e percettori del reddito di cittadinanza. E’ previsto anche un limite reddituale più basso rispetto al precedente bonus da 200 euro, ossia di 20.000 euro.
Leggi anche: La Banca italiana è finita nel mirino dell’Antitrust per colpa dei mutui
Ciò consente di abbassare la platea dei beneficiari del secondo bonus anti-inflazione. Saranno, infatti, 22 milioni di italiani a ricevere il bonus 150 euro. Nel decreto Aiuti-ter sono previste anche nuove norme per il superbonus edilizio che dovrebbe, finalmente, sbloccare l’anno questione della cessione dei crediti.
Infatti da ora la responsabilità in solido per la cessione dei crediti edilizi scatta soltanto in caso di dolo o colpa grave. Scongiurato poi l’addio al tetto agli stipendi dei dirigenti pubblici inizialmente proposto ma poi stralciato per l’attacco di una parte delle forze politiche. Il tetto rimane a 240mila euro annui.