L’iniziativa della BCE ha rincarato l’autunno sconvolgendo i piani di finanziamento, con la rata che costa di più. Cosa sta succedendo
L’attuale crisi energetica che sta scompaginando le politiche degli Stati nazionali europei, oltre lo stesso governo del Parlamento Europeo, ha assunto i connotati di una vera e propria crisi economica, l’ennesima – si potrebbe dire – in ordine cronologico, ma caratterizzata da connotati senza precedenti dal secondo dopoguerra. La pratica della democrazia è messa sotto sforzo, inghiottendo principalmente i cittadini negli effetti riflessi sulla quotidianità.
Per quanto riguarda lo Stato italiano, ciascuna tappa degenerativa è stata contraddistinta dal rilascio – quasi in tempo reale – di progressivi bonus e incentivi per affrontare singolarmente il vertiginoso aumento dell’inflazione, iniziato con la ripresa post Covid e fin qui sviluppatosi con i costi della regressione economica del vecchio continente. Il bonus 200 euro si configura tra i segnali di soccorso più recenti, fra breve seguito dal bonus 150 euro.
È vero, le cause oltre i nostri confini si traducono in conseguenze sia sul piano economico generale che su quello individuale. Molti cittadini soffrono infatti dell’impatto con l’aumento dei prezzi sui beni di consumo, il graduale abbassamento del potere d’acquisto, nonché il noto caro bollette. Non c’è però soltanto la questione del gas a tenere banco nelle cancellerie degli Paesi comunitari.
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La contagiante inflazione ha costretto la Banca Centrale Europea ad alzare i tassi d’interesse sugli scambi di denaro e i depositi, in virtù del tentativo di arginare la deriva. Ciò ha dato messo in opera quello che si temeva. In ordine: poco prima dell’estate, i tassi d’interesse hanno visto una straordinaria discesa degli indici, in particolare dell’Eurirs, l’indice dei tassi fissi dei mutui, rendendo paradossalmente vantaggiosa la sottoscrizione dei mutui a rata fissa, piuttosto che la rata variabile; ma proprio per l’autunno si temeva il rialzo, incluso l’indice variabile dell’Euribor a partire proprio dal mese di settembre.
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Nel giro di un anno, dunque, un finanziamento – mediamente – venticinquennale costa oggi circa il 24 per cento in più su ogni rata, con l’attuale conveniente tasso variabile. Se pensiamo ad un mutuo di 115mila euro restituito in 25 anni con ben 57 rate, ciò significa che, oltre alla restituzione, dovranno essere pagati 713,38 euro in più all’anno (rispetto al 2021). Nel contesto italiano, riveste oggigiorno un ruolo fondamentale la Banca d’Italia, che deve vigilare su eventuali fenomeni speculativi, il cui rischio potrebbe aggravare ulteriormente sul dramma economico di molte famiglie italiane.