Annullate queste cartelle esattoriali: molti la fanno franca

Problema normativo riscontrato sull’invio delle cartelle esattoriali attraverso la posta certificata

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La ripresa dei consumi e della vita sociale ormai è ormai in corso da diversi mesi. Insieme alla ripresa delle attività economiche e alla normalità anche la macchina burocratica riprende a funzionare. Così, sono riprese tutte le azioni del fisco, l’invio di comunicazioni, di cartelle e di quanto era stato sospeso durante le fasi pandemia

Infatti, pima dell’estate sono state inviate ai contribuenti circa 2,5 milioni di cartelle esattoriali. Un dato importante che mira a recuperare quanto risulta dai dati non essere stato versato nelle casse erariali. Tuttavia, l’enorme mole di lavoro speso può provocare errori della stessa macchina burocratica.

Cartelle esattoriali, il caso della pec

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Infatti, molti contribuenti che hanno delle cartelle esattoriali pendenti hanno presentato ricorso perché hanno ricevuto delle notifiche via pec, la posta elettronica certificata da indirizzi mail di che non compaiono negli elenchi pubblici. I contribuenti si stanno aggrappando a questo cavillo per respingere le notifiche.

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Come citato da Il Giornale, la legge 53/1994, all’articolo 3 bis, sancisce che le notifiche telematiche possono essere fatte soltanto da un indirizzo di posta elettronica certificato che compare negli elenchi pubblici. Per questo motivo le commissioni tributarie stanno ricevendo diversi ricorsi.

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Il vizio di forma ha permesso di annullare in primo grado ben 71 cartelle esattoriali di un imprenditore del valore di 1,4 milioni di euro. Il Giornale cita poi la difesa dell’Agenzia che replica rispolverando l’articolo 26 del decreto del presidente della Repubblica 602/1973 (modificato nel 2017) nel quale viene specificato che è l’indirizzo pec del destinatario, quello che deve essere presente negli elenchi pubblici. Un ribaltamento di 360° accolto da diverse Commissioni tributarie che escludono la nullità degli atti.

Una questione che potrebbe portare ad un mancato incasso nel breve e soprattutto, a una durata allargata dei tempi giuridici che comportano comunque dei costi pubblici. La normativa va senza dubbio modificata o chiarita per evitare ricorsi che gravano poi sui tribunali amministrativi.

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