I cambiamenti climatici entrano di prepotenza nel sistema del credito italiano dipanando i propri effetti tanto sui prestiti concessi dalle banche ai privati quanto sui fidi per le imprese. Tutti i dettagli
La clamorosa, e per molti versi prevedibile, ondata di maltempo che ha attraversato l’Italia nei giorni immediatamente successivi al Ponte di Ferragosto ha letteralmente sconquassato interi comparti del sistema produttivo. Le immagini che vengono restituite, tanto da telegiornali quanto dai social network, sono davvero terribili.
Abbiamo assistito inermi ad ondate di calore impensabili, spesso le temperature sono andate oltre i 40 gradi, che hanno reso bollente le acque marine le quali a loro volta al primo ingresso di aria fredda sulla Penisola hanno scatenato il clima. Morale della favola abbiamo subito temporali potenti, grandinate con chicchi grandi come il pugno di una mano, trombe d’aria, tetti scoperchiati, città allagate, alberi abbattuti, vittime e danni alle cose.
Un disastro, come detto, per molti versi prevedibile ma che, come spesso, troppo spesso, accade in Italia, lascia dietro di se danni incalcolabili e in molti casi irreparabili alle cose e alle persone. Eppure i segnali su cosa sono in grado di fare i cambiamenti climatici non mancano ed il tema, proditoriamente negati da alcuni, non può più essere eluso.
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Se non altro perché uno dei motori dello sviluppo dell’Italia, il sistema creditizio si sta già muovendo da tempo per innestare nel proprio meccanismo delle tutele rispetto alla questione. La riprova arriva da una recente inchiesta di AnaCredit. AnaCredit, ricordiamo per i meno informati, è un progetto della Banca Centrale Europea che ha lo scopo di studiare il sistema dei prestiti nell’Area Euro e di fornire soluzioni pratiche nella gestione.
AnaCredit segnala come anacronistico il meccanismo di concessione dei prestiti nelle zone a rischio idrogeologico ed a rischio sismico. In particolare, sottolinea lo studio, perché sovente le garanzie concesse sono proprio le imprese e gli immobili che rischiano di subire danni dall’evento climatico estremo. Il rischio concreto è l’insolvenza e lo storno del credito concesso nel settore delle sofferenze bancarie.
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I dati in tal senso sono netti. Secondi gli ultimi numeri disponibili, quelli del 2020, il 43% dei prestiti bancari sono a rischio insolvenza e parte di questi, il 55%, sono erogati a società non finanziarie.
A questi dati se ne aggiunge un altro altrettanto delicato. I prestiti erogati dalle banche alle imprese ammontano, in termini complessivi, sempre dato del 2020, ad oltre 600 miliardi di euro. Di questi 600 miliardi il 28%, ossia 168, sono concessi a consumatori ed imprese residenti ed operativi in zone ad alto rischio climatico.
Un rischio enorme per il sistema bancario di un Paese già preda dell’inflazione e di una gravissima crisi economica.