Alle prese con l’acquisto della prima casa, i richiedenti più giovani trovano di fronte il muro delle banche, nonostante la legge. I dettagli
L’odierna crisi economica ha colpito trasversalmente molte fasce della popolazione italiana, quale che sia la componente anagrafica. Le famiglie hanno dovuto raddoppiare i sacrifici e dimezzare il potere d’acquisto, altri individui, invece hanno dovuto rinunciare, o almeno soprassedere, alle loro più concrete ambizioni. Ci sono traguardi che distinguono fasi della vita, al cui mancato raggiungimento, ci si sento un po’ meno maturi: uno di questi è l’acquisto della prima casa.
È naturale, molti giovani cercano i loro spazi; l’età li rende autonomi e genera un fisioligico desiderio di indipendenza. E questo al di dà di ogni legittimo desiderio di costruire una famiglia. La precarietà del lavoro, tipica delle attuali generazioni, riduce la capacità di risparmio per via delle basse remunerazioni, rese ancor più fragili dalla debole stabilità occupazionale. È ovvio, dunque, che per comprare un’abitazione, un corposo finanziamento è quantomai indispensabile.
Nel corso degli anni, l’incancrenirsi delle forme di lavoro volatili, con contratti a tempo determinato o a progetto, ha finito per impegnare la legge in un’operazione di agevolazione degli accessi ai mutui per i soggetti desiderosi della loro prima casa. Dobbiamo dirlo, con risultati alterni dovuti alla subdola ostruzione degli istituti di credito. Innanzitutto, lo strumento che viene richiamato per valutare le offerte è il Mutuo Prima Casa Giovani.
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Con tale profilo, si può chiedere un mutuo al 100% e lo Stato potrà garantire fino all’80% della quota di capitale dello stesso. Le altre agevolazioni (valide per tutto il 2022) offrono agli under 36 tassi di favore e incentivi economici e fiscali (esenzione dall’imposta di registro e imposta ipotecaria), purché posseggano un ISEE entro i 40.000 euro. I tassi di interesse devono mantenersi sotto il tasso medio rilevato ai fini dell’usura: attualmente al 2,15% per i mutui a tasso fisso e 2,23% per i mutui a tasso variabile.
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Ma la realtà, soprattutto quella delle banche, è differente. Le medesime, infatti, pongono all’accesso al credito i loro limiti: che si abbia avuto un’occupazione per almeno 18 mesi negli ultimi due anni; un contratto con scadenza non inferiore a 6 mesi dopo la richiesta del mutuo; l’obbligo di una cointestazione con un altro richiedente con redditi stabili. Quest’ultimo criterio chiude le porte all’incentivo statale, se l’altro soggetto non è un under 36 con ISEE entro i 40.000 euro. Insomma, il rischio è che si perda qualsiasi possibilità di concessione del mutuo.