Uno dei temi più caldi della campagna elettorale per il voto del 25 settembre è la riduzione delle tasse, ecco come potrebbero cambiare le buste paga con il nuovo Governo
Domenica 25 settembre i cittadini italiani saranno chiamati alla urne per le elezioni politiche anticipate. Nell’alveo delle Seconda Repubblica è la terza volta che si vota prima della scadenza naturale della Legislatura. Le altre due volte è accaduto nel 1994 e nel 2008. Chiudere la Legislatura in anticipo è sempre un fatto traumatico, per due ordini di motivi.
In primo luogo perché si arriva al voto nel pieno di un confronto aspro, più aspro del solito, tra le forze politiche. In secondo luogo perché la competizione elettorale rischia di concentrarsi più su sulla rissa mediatica che sul confronto di tesi contrapposte. Il rischio concreto è che anche per le elezioni politiche del prossimo 25 settembre la musica che ascolteremo sarà questa.
Buste paga, cosa succede dopo il 25 settembre
Va detto però, ad onor del vero, che nonostante il rischio baraonda le principali forze politiche in campo, almeno su un tema, hanno le idee molto chiare, spesso diametralmente opposte, ma chiare. Parliamo della riduzione delle tasse e dell’impatto che la questione ha sulle buste paga.
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Partiamo da un dato certo. Le persone che lavorano in Italia sono le uniche in Europa ad aver visto dal 1990 ad oggi la media del proprio salario diminuire in termini di valore assoluto e di potere di acquisto. Un dato sconcertante. Le soluzioni per uscire da questo stato di cose si muovono essenzialmente su tre assi di azione, l’introduzione della flat tax, la riduzione del cuneo fiscale e l’introduzione del salario minimo.
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Partiamo dall’ultimo tema in agenda. Il salario minimo in Italia, nonostante la direttive dell’Unione Europea non è ancora legge dello Stato. E potrebbe non diventarlo nemmeno con il nuovo Governo. In particolare se il nuovo Esecutivo dovesse essere guidato dalla coalizione di Centrodestra che, a più riprese e per bocca di tutti i suoi esponenti, ha fatto capire che per rendere le buste paga più pesanti vuole agire sui tagli fiscali alle imprese
Di parere opposto tanto il Partito Democratico quanto il Movimento 5 Stelle favorevoli all’introduzione dell’istituto anche in Italia.
C’è invece comunanza di intenti sul taglio del cosiddetto cuneo fiscale. Parliamo di un dato macroeconomico che si ottiene calcolando la media della cifra pagata in tasse dai lavoratori di una singola azienda ed il costo che la stessa azienda sostiene complessivamente per i propri dipendenti.
Nervi tesi, tesissimi, infine sulla cosiddetta Flat Tax, uno dei cavalli di battaglia del Centrodestra. La “tassa piatta” è una tassa che abolisce tutti gli scaglioni progressivi dell’IRPEF per far pagare a tutti i contribuenti, indistintamente, il 25%. Il progetto è osteggiato in maniera netta da PD e M5S che ritengono la progressività delle imposte il cuore del patto costituzionale. Il dibattito è aperto.