Bonifico sospetto: così scattano subito i controlli fiscali

Bonifico sospetto, quali sono i movimenti che mettono in allarme gli organi deputati a verificare che non ci siano reati

Screen

A far scattare i controlli del Fisco non sono solo le grandi movimentazioni di capitali o i trasferimenti di denaro che avvengono sui conti esteri. Anche cifre più piccole possono far sospettare che ci sia evasione fiscale.

Ne sono ben consapevoli tutti quegli lavoratori autonomi che a causa di un versamento non giustificato in banca si sono visti arrivare pesanti sanzioni. Grazie al Registro dei rapporti tributari, l’Agenzia delle Entrate conosce tutti i movimenti di un conto. Chiariamo fin da subito che la maggior parte dei controlli avvengono a campione e che dunque non esiste una categoria soggetta a verifiche più delle altre.

Bonifico sospetto, su quali c’è più controllo

Bonifico sospetto
Pixabay

Tutti i versamenti in banca o i bonifici a proprio favore, possono essere reddito e per tale motivo, tassato. Nel caso contrario bisogna provarlo. Ogni bonifico va motivato. Chi li riceve o li dichiara al Fisco con la propria Dichiarazione dei redditi oppure dimostra che si tratta di somme esenti da tassazione.

LEGGI ANCHE: Novità sui pagamenti elettronici: che svolta col bancomat

Non vanno dichiarate ad esempio le somme delle vendite dei beni usati come un mobile. Oppire le vincite al gioco per le quali viene applicata una ritenuta alla fonte ma anche donazioni ricevute dai parenti più stretti come il coniuge e i figli. In questi casi si paga un’imposta del 4% solo a partire da 1 milione di euro. Al 6% se arriva da fratelli e sorelle se la donazione è superiore a 100mila euro.

LEGGI ANCHE: Pagamento pensioni di agosto: il calendario delle Poste e i nuovi importi

I bonifici più a “rischio” sono quelli esteri perché l’Agenzia delle Entrate li attenziona con frequenza. Altri casi di particolari controlli sono i versamenti di contanti perché Fisco può legittimamente presumere che si tratti di soldi ricevuti a fronte di attività lavorativa a nero e dunque non dichiarata.

Infatti se tali somme non si riportano nella Dichiarazione dei redditi, il contribuente la deve motivare.

È ordinario che tra il marito e la moglie ci siano dei versamenti. Se le somme sono sempre più frequenti consistenti, si accende qualche campanello d’allarme in più e l’Agenzia delle Entrate potrebbe imputare il reddito di uno all’altro. Detto in altre parole: si potrebbe pensare che il conto dove si depositano i soldi viene usato per mettere a riparo i soldi di attività a nero.

Gestione cookie